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Giornata nazionale dei dialetti. Viaggio nel passato

“LU ‘NTRATTIENI”

Per la giornata nazionale dei dialetti vi propongo oggi non un viaggio verso una meta fisica o tangibile, ma un salto nel passato, un’immersione nei ricordi di una realtà che, pur essendo così vicina, sembra ormai lontana. È un luogo che vi invito a esplorare con la forza del pensiero e, una volta arrivati, spero che, chiudendo gli occhi, possiate ammirarne la bellezza e riscoprire quella leggerezza che si prova nei viaggi più emozionanti, quelli che toccano l’anima.

“Lu sinnucu ti Caracacciu sciu a Lecci cu catta l’acciu.
Lu sinnucu ti Lecci, però, tissi allu sinnucu ti Caracacciu: Comu? Non ci nneti acciu a Caracacciu, cu bieni a Lecci cu catti l’acciu?!”

Giornata Nazionale dei Dialetti

In occasione della Giornata Nazionale dei Dialetti e delle lingue locali, voglio condividere con voi questo scioglilingua che papà ci faceva ripetere, insieme alle mie sorelle, per intrattenerci e divertirci. E proprio a proposito di “intrattenimento” e di dialetti, vorrei condividere con voi anche un altro aneddoto che papà racconta spesso.
Sua mamma, nonna Filomena per me, gli diceva da bambino: “Vai dalla Chitina e dummanna ce teni nu picca di ‘ntrattieni?”

Ma cos’è esattamente “lu ntrattieni”?
Ogni volta rimango affascinata dalla bellezza dei termini dialettali, che spesso racchiudono, in una sola parola, un intero mondo di sfumature e significati. “Lu ntrattieni” è uno di quei termini.

Per comprenderne il senso, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, almeno oggi che è la gioranta nazionale dei dialetti di almeno 50-60 anni, quando le donne – le massaie – erano impegnate tra il lavoro nei campi, la cucina e la cura dei figli (spesso numerosi). In un contesto così frenetico, era difficile tenere tutto sotto controllo. Così, ai bambini più piccoli si diceva di andare dalla vicina e chiedere: “Ce tieni nu picca di ‘ntrattieni?” (Hai un po’ di intrattenimento?).

La vicina capiva immediatamente la richiesta e trovava il modo di occuparsi del bambino: facendolo giocare, coinvolgendolo in piccole attività o semplicemente offrendogli qualche ora di svago e distrazione. Era una sorta di rete collaborativa, spontanea e genuina, che trasformava il concetto di vicinato in una vera famiglia allargata.

Era un tempo in cui i vicini erano parte integrante della vita quotidiana, dove c’era comprensione reciproca, nonostante le fatiche. Lo svago, allora, non era legato a schermi o giocattoli sofisticati: bastava un salto sulla schiena o una corsa all’aperto per rendere felice un bambino.

Il tempo lento

Era un’epoca in cui il tempo scorreva più lentamente, e ogni giornata aveva il profumo di una vita semplice ma ricca di calore umano.

La bellezza del poco

Il dialetto diventa uno strumento che non solo ci lega ai ricordi del passato, ma ci insegna una quotidianità fatta di poco, di molto meno rispetto ad oggi, eppure ricca di una bellezza senza tempo.

Una bellezza che profumava di lentezza, di rapporti autentici, di momenti condivisi. Quel tempo che oggi sembra non bastare mai, che ci sfugge tra le mani mentre corriamo per inseguirlo.

Fermiamoci per un attimo. Stasera, quando torniamo a casa, chiediamo a chi ci sta vicino: “Lu tieni nu picca di ntrattieni?” Chissà che non ne nasca una serata speciale, piena di magia e di quelle piccole cose che rendono tutto più autentico.

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Giorgia Lenti

Amo cucinare, condividere una tavola in compagnia e scoprire nuovi luoghi, sempre con un sorriso.

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